lunedì 3 marzo 2008

I due Vulcani (non mia)



Il vulcano innamorato

Il vulcano innamorato Nelle comunità di Cotacachi si racconta la storia dei vulcani Imbabura e Cotacachi. L'Imbabura, grande e imponente, è sempre stato considerato da tutti gli abitanti della Pachamama (la Madre Terra in lingua kichwa) come un padre saggio. Tutte le mattine, fin da quando si ha memoria, egli si alza prestissimo, ancor prima che le prime luci del sole illuminino la valle, per controllare che ognuno svolga il proprio lavoro. Taita (Papà) Imbabura, così lo chiamano i Kichwa delle comunità, sorveglia che il fiume porti le sue acque nella giusta direzione, né troppo lento, né con troppa fretta, e che il vento non perda tempo a parlare con gli alberi della montagna invece di soffiare da una parte all'altra. E anche che ogni uomo e donna compiano i loro doveri, come la semina dei campi, il pascolo degli animali e tutte le faccende di casa. Ogni cosa deve andare nel verso giusto, perché ognuno fa parte di quell'armonia naturale di cui il grande vulcano è il guardiano.

E' così che, per rispetto alla sua saggezza e anzianità, ma un po' anche per paura di qualche punizione, tutti si dedicano a ciò che spetta loro. Non sono poche le volte in cui, per aver mancato al proprio dovere, Imbabura ha mandato il ghiaccio sulla valle o le nubi temporalesche, per ammonire ed insegnare. Il vulcano, insomma, ha un gran da fare tutto il dì, ma si sa che il tempo per il cuore non manca mai. Questa è la storia di quando tantissimi anni fa Imbabura s'è innamorato.

Un bel giorno d'agosto, mentre l'aria sollevava dai campi l'odore della terra appena dissodata, Imbabura decise che avrebbe dichiarato il suo amore nei confronti di Cotacachi, il vulcano che amava ormai da tantissimo tempo. L'Ecuador è un Paese disseminato di alte montagne e di vistosi vulcani, ma guardandosi attorno, Imbabura non poteva che vedere Cotacachi, la vetta più bella, pensava, che era mai esistita sulla terra.

Con un mazzo di alberi da frutto appena raccolti, Imbabura si presento allora dinnanzi alla sua amata, e approfittando delle poche nubi che ostacolavano lo sguardo, la rimirò dritto negli occhi e le dichiarò i suoi sentimenti, forti e decisi come la roccia di cui era fatto. Cotacachi, mentre ascoltava le sue parole, era rimasta immobile come solo le montagne sanno fare, e quando ebbe finito gli rispose. Erano anni, disse, che aspettava questo momento, e non desiderava altro che essere sua sposa. I burroni tremarono per l'emozione quando le due montagne si regalarono un primo abbraccio e la valle sembrò per un attimo in preda a piccole scosse di terremoto.

Da quel giorno, ogni volta che i due vulcani si facevano visita, l'uno lasciava all'altro un poco della sua neve. Col matrimonio, e l'unione, arrivò il monte Yanaurcu, figlio di Cotacachi e Imbabura. Col passare degli anni, si dice, Imbabura soffre periodicamente di forti dolori di testa, che durano per giorni e giorni. Per questo la sua sommità si ricopre di nuvole bianche. Ciò nonostante, dall'incontro dei due vulcani, si sparse nella valle introno una nuova aria di amore e fiducia. Si dice anche che la leggera brezza che si alza di notte sulle comunità montane del Cantone, siano i baci di buona notte che Cotacachi e Imbabura, i due vulcani innamorati, si soffiano a vicenda.

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La mia casa, il mio rifugio



PULIZIA DELLO SPIRITO

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Sono in casa,
sono solo,
Sto scrivendo per lavoro
Sto vivendo il mio pensiero.

Ma che strana questa cosa
che avviene in un momento
per cui sembra e forse è
che lo faccia per qualcuno.

Tralasciando quel che fa
e guardando quel che faccio
ho tagliato la mia vita
in attesa poi di cosa.

Fino a poco tempo fa
io vivevo l’imbarazzo
di andare, di viaggiare
verso méte assai diverse.

Il carattere ce l’ho
la mia spinta è sempre forte
la dolcezza che c’è in me
apre sempre molte porte

Non ho voglia di guardare
non ho voglia di toccare
Io desidero pensare
camminare, respirare

Io non so se è giusto questo
ma non posso farne a meno.
Non è un semplice richiamo
che annulli quando vuoi.

Qui c’è in gioco un gran problema
che coinvolge tutti quanti,
ma chi sono le figure
che poi bloccano l’avanti.

E’ la storia di se stessi
è la vita che uno ha.
Le abitudini esistenti
e l’affetto da estirpare.

Sono in casa sono solo
vivo male il mio momento
ma non devo aver paura
del mio grande sentimento
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Io non devo dare conto
a nessuno se io scelgo.
Il mio dramma personale
l’ho vissuto in un passato

Lo conosco, non è bello
quel momento solo triste
specialmente per il fatto
che non c’era qualcun altro

che potesse poi alleviare
le fatiche della scelta
di una vita
andata male.

Io non chiedo.. lei decida
Io non voglio il suo soffrire
anche se in un istante
lei vorrebbe essere qui

Quel che chiedo alla mia scelta,
poiché conto molto anch’io,
come vedo il mio futuro
in un mondo chiuso in casa

Devo vivere una scossa
superare il mio momento
e non devo mai evitare
il rintocco degli amici.

Sbaglio a chiudermi per lei
non perché lei non lo valga
ma è giusto che per dare
devo prima confrontare

Sono solo, sono a casa
Sto scrivendo la mia storia
e domani dono al mondo
quel che sono nella mente.

Forte resta la speranza
che qualcosa poi accada
la sua scelta, la mia scelta
alla luce del coraggio.

Non c’è paglia col suo fuoco
qui si brucia per davvero
non c’è attimo fuggente
Due vulcani della mente

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Pensiero libero
Questa poesia, nell'ultima frase,
mi ispira una storia, bella,
che ho letto tempo fà e
riguarda realmente due vulcani.
Forse mi è venuta in mente
perchè, per qualche motivo
la trovo calzante.

Il vulcano innamorato
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